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La prima missione di Difesa Planetaria dell’Agenzia Spaziale Europea, denominata Hera dalla divinità greca, sta prendendo forma. Per comprendere come contribuirà a proteggere la Terra da impatti indesiderati dobbiamo fare un passo indietro.
Il 26 settembre 2022, a una velocità di 22mila chilometri all’ora, la sonda DART della NASA si è schiantata contro l’asteroide Dimorphos. L’impatto ha ridotto l’orbita che Dimorphos, un corpo dalle dimensioni paragonabili a una Piramide Egizia, compie attorno all’asteroide asteroide principale, Didymos, grande quanto una montagna.
Questo esperimento mozzafiato è stato realizzato per dimostrare che si può effettivamente difendere la Terra da un asteroide in arrivo, colpendolo con una sonda per deviarne la traiettoria. Tuttavia, ci sono ancora molte domande senza risposta: qual è la massa e la composizione precisa di Dimorphos? Quali effetti ha causato l’impatto all’asteroide? Quanto è grande il cratere lasciato dalla collisione? E possibile che Dimorphos si sia completamente frantumato, rimanendo integro solo grazie alla sua debole gravità? Ecco perché la missione Hera dell’ESA tornerà sul “luogo del delitto”, per raccogliere dati cruciali da vicino sul corpo deviato, trasformando l’esperimento compiuto da DART in una tecnica di difesa planetaria ben compresa e potenzialmente ripetibile.
La missione eseguirà anche l’esplorazione più dettagliata di un sistema di asteroidi binario, anche se i sistemi binari rappresentano solamente il 15% di tutti gli asteroidi conosciuti, ma di cui nessuno è mai stato studiato in dettaglio. Hera condurrà inoltre esperimenti dimostrativi di nuove tecnologie, tra cui il rilascio dei primi microsatelliti dell’ESA nello spazio profondo – sonde dalle dimensioni di una scatola di scarpe che si avvicineranno a Dimorphos per atterrarvi infine sopra – oltre a un complesso test di guida autonoma per la sonda principale, basato sulla navigazione visiva.
Al termine delle osservazioni di Hera, Dimorphos diventerà – secondo l’Agenzia spaziale europea – l’asteroide più studiato della storia. Il che è fondamentale, perché se un corpo di queste dimensioni dovesse colpire la Terra, potrebbe distruggere un’intera città. Non una catastrofe planetaria come quella che portò all’estinzione della maggior parte delle specie animali diverse decine di milioni di anni fa, ma certamente un flagello da evitare se ne esistesse la possibilità tecnologica.
Grazie a missioni come Dart ed Hera, stiamo imparando cosa possiamo fare praticamente per ridurre questo pericolo e rendere lo spazio più sicuro.
Servizio di Stefano Parisini Crediti video: ESA Musica: Outside the force field – Unlink