Un campione proveniente dall’asteroide Ryugu è stato rapidamente colonizzato da microrganismi terrestri, nonostante le severe misure di controllo della contaminazione.
La teoria della panspermia propone che la vita possa viaggiare attraverso lo Spazio, trasferendosi tra corpi celesti, e che ciò possa rappresentare un meccanismo alternativo per l’origine della vita su diversi pianeti del Sistema Solare. La scoperta di organismi viventi su asteroidi o meteoriti cambierebbe radicalmente il nostro approccio alla comprensione delle origini della vita e della sua diffusione nell’Universo.
Le discussioni sulla possibilità che microrganismi extraterrestri abbiano raggiunto la Terra grazie a delle meteoriti sono state alimentate per decenni, in particolare dai resoconti su microorganismi individuati in quelle condritiche. Tuttavia, la maggior parte degli studi ha concluso che questi microrganismi siano contaminanti terrestri.
Un recente studio condotto dall‘Imperial College di Londra ha esaminato campioni dell’asteroide Ryugu raccolti dalla missione JAXA Hayabusa 2, dimostrando quanto velocemente del materiale extraterrestre possa essere colonizzato da microrganismi terrestri. Il campione in questione, un grano di regolite di dimensioni 1×0.8 mm e massa di 5.4 grammi e denominato A0180, è stato sottoposto a rigorosi protocolli di isolamento e analisi.
Trasportato sulla Terra in una capsula sigillata, il campione è stato poi raccolto con strumenti sterilizzati e conservato sotto azoto in contenitori sterili ed ermetici per ridurre al minimo la contaminazione.
Il campione è stato poi sottoposto a tomografia computerizzata a raggi X nanometrica ed è stato incorporato in un blocco di resina epossidica per la microscopia elettronica a scansione.
Nonostante ciò, le analisi hanno rivelato la presenza di strutture filamentose di dimensioni e morfologie simili a quelle dei microbi terrestri. L’abbondanza di questi filamenti cambiava nel tempo, suggerendo la crescita e il declino di una popolazione di procarioti con un tempo di generazione di 5,2 giorni, originati probabilmente durante la preparazione del campione, una volta estratto dalla capsula sigillata.
Infatti, assodata l’assenza di contaminazione pre-lancio sulla navicella Hayabusa2, gli scienziati ritengono che il campione sia stato contaminato dopo l’apertura del contenitore sulla Terra.
Questi risultati evidenziano le difficoltà nell’evitare la contaminazione biologica anche con controlli stringenti. Lo studio sottolinea la necessità di migliorare le procedure di sterilizzazione per le future missioni di ritorno di campioni extraterrestri, poiché la contaminazione terrestre può compromettere l’integrità scientifica dei campioni stessi.
La sfida principale risiede nel fatto che gli strumenti e le strutture utilizzati per raccogliere campioni spaziali provengono inevitabilmente da un ambiente con microbi.
Anche le camere bianche, progettate per minimizzare la presenza di microrganismi, non sono completamente efficaci.
Ad esempio, alcune specie microbiche presenti nelle camere bianche della NASA hanno dimostrato di adattarsi ai metodi di sterilizzazione e persino di utilizzare i detergenti come fonte di nutrimento.
Questa resilienza della vita microbica sulla Terra pone limiti significativi alla raccolta di campioni privi di contaminazione.
Nonostante le difficoltà, lo studio rafforza alcuni aspetti chiave della panspermia. Dimostra che i microrganismi terrestri sono in grado di colonizzare rapidamente materiali extraterrestri, anche in caso di esposizione limitata all’ambiente terrestre, confermando la straordinaria adattabilità dei microrganismi e suggerendo che la vita non è legata a preferenze strettamente planetarie.
Infine, lo studio offre spunti sulle implicazioni future delle nostre missioni spaziali: se non saremo in grado di prevenire del tutto la contaminazione biologica, è possibile che forme di vita terrestri siano già state introdotte su altri corpi celesti come la Luna o Marte.