Luci aurorali a Capodanno: quando la natura supera le previsioni

Il nuovo anno è stato inaugurato da una spettacolare tempesta geomagnetica a seguito dell’arrivo di una seconda eiezione di massa coronale (CME) comparabile a quella del 31 dicembre ma che ha avuto un impatto geomagnetico sulla Terra decisamente più marcato.

La NOAA aveva previsto un’intensità massima di livello 3 su 5 per la tempesta geomagnetica, ma l’evento si è rivelato più intenso del previsto, raggiungendo livelli tra 4 e 5 su 5 (classe G4/G5).

La chiave di questa intensificazione è stata l’intensità e l’orientamento del campo magnetico associato alla CME. Con una forza quasi cinque volte superiore rispetto al normale livello di fondo e un orientamento verso sud, opposto al campo magnetico terrestre, si è creata una connessione ideale che ha amplificato le reazioni geomagnetiche. Quando una CME rimane orientata in questa direzione per lunghi periodi, come in questo caso, le interazioni con la magnetosfera terrestre diventano molto più intense.

Questo episodio sottolinea quanto sia complesso prevedere con precisione gli eventi di meteorologia spaziale.  È per questo che bisogna insistere sempre sull’importanza di monitorare costantemente l’evoluzione: le previsioni di meteorologia spaziale, oggi, hanno una precisione ancora inferiore rispetto a quelle del meteo terrestre a breve termine.

Le prime avvisaglie di una debole tempesta geomagnetica (classe G1) sono state registrate alle 05:58 ora italiana del 1 gennaio. Durante la giornata l’intensità è aumentata progressivamente: i livelli G2 (moderati) sono stati osservati alle 11:44 ora italiana e i livelli G3 (forti) sono stati raggiunti alle 15:10 ora italiana. Nel pomeriggio, la tempesta ha subito oscillazioni per poi intensificarsi a condizioni di livello estremo (G5), alle 18:30 ora italiana.

Successivamente, l’attività geomagnetica è diminuita fino al livello G2, per poi risalire nuovamente a G3, mantenendosi su questo livello fino alle 00:20 del 2 gennaio.

Luci aurorali sono state osservate dalle regioni alpine, soprattutto orientali, fino alle coste e persino in Puglia.

Guarda la foto di Nunzio Micale, dal Gargano.

Le prime fotografie, scattate intorno alle 18:30, hanno mostrato drappeggi e pilastri di luce tipici delle aurore boreali.
Tuttavia, l’intensità luminosa è risultata inferiore rispetto agli episodi di maggio e ottobre 2024. Le aurore sono state caratterizzate principalmente da un colore rosso tenue, percepibile con lunghe esposizioni fotografiche di almeno 20-30 secondi.

A differenza delle classiche aurore verdi, che si formano a quote più basse, le aurore rosse si sviluppano ad altitudini molto elevate, generalmente tra 200 e 500 chilometri sopra la superficie terrestre.
A queste quote, l’ossigeno atomico presente nella parte superiore dell’atmosfera gioca un ruolo fondamentale: quando viene colpito da particelle cariche provenienti dal vento solare, rilascia energia sotto forma di luce con lunghezza d’onda di circa 630 nanometri che cade nel rosso.

Verso le 20:00, l’emissione si è uniformata: i pilastri non erano più visibili e l’aurora è apparsa come un alone rossastro diffuso e da alcuni luoghi come un arco luminoso.
Da alcune fotografie che stanno circolando è altamente possibile che si sia verificato anche un SAR (Stable Aurora Red arcs, cioè Arco aurorale rosso stabile): anche se, come scritto più volte in queste pagine, la sua presenza dovrebbe essere a rigore confermata solo con un’analisi dello spettro delle particelle responsabili dell’emissione, e non con la semplice osservazione visiva, in questa occasione la sua presenza sembra certa.

Guarda la foto di Giulia Iafrate di INAF Osservatorio Astronomico di Trieste da Parco Roccolo Pieve di Cadore.

Come suggerisce il loro nome, i SAR sono anch’essi una forma di emissione aurorale. Sono dovuti all’interazione delle correnti ad anello, particelle che scorrono da Est verso Ovest attorno alla Terra intrappolate dal campo magnetico terrestre, con l’atmosfera superiore a seguito di una tempesta geomagnetica. Queste correnti possono eccitare gli atomi di ossigeno con conseguente rilascio di emissione di colore rosso secondo lo stesso processo dell’aurora.
I SAR tendono a formarsi però a latitudini intermedie e possono apparire come archi rossi stabili, cioè  senza la dinamicità e i drappeggi tipici delle aurore.  

Concludendo, l’inizio del 2025 è stato segnato da un evento geomagnetico ormai sempre meno eccezionale, che ha regalato aurore boreali fino alle latitudini dell’Italia meridionale.

Con il Sole al massimo, o quasi, del suo ciclo undecennale di attività, eventi come questo potrebbero ripetersi anche nei prossimi mesi.