Un gruppo di ricerca giapponese ha realizzato uno studio sull’utilizzo nello Spazio di un materiale che difficilmente verrebbe in mente quando pensiamo alle applicazioni tecnologiche spaziali: il legno.
Lo studio ha testato la resistenza e la durabilità del legno in una serie di esperimenti realizzati sulla Stazione Spaziale Internazionale come parte del progetto LignoSat, una partnership tra il Laboratorio di Design dei Biomateriali dell’Università di Kyoto, l’agenzia spaziale giapponese JAXA, e l’azienda Sumitomo Forestry, che ha come obiettivo la progettazione e il lancio entro il 2024 di un satellite artificiale le cui componenti strutturali siano realizzate in legno.
Ma perché usare il legno? I motivi sono diversi: è un prodotto resistente, economico, la sua produzione è considerevolmente più sostenibile rispetto alle alternative, e soprattutto il suo smaltimento durante il rientro in atmosfera è completo, e senza alcun tipo di residuo, un valore aggiunto importante per la questione dei rifiuti spaziali.
Uno dei problemi delle strutture metalliche dei satelliti, tipicamente in alluminio, è che durante il rientro possono sfaldarsi in piccole scaglie (un fenomeno noto come “flaking”), incrementando il numero di piccolissimi rifiuti in orbita.
I test preliminari realizzati a terra avevano indicato una sorprendente capacità del legno di resistere a un’ampia gamma di temperature (da -150 a 150° C), nonché alle condizioni estreme di vuoto che avrebbe incontrato nello spazio.
I risultati dell’esperimento svolto sul modulo Kibo della ISS hanno mostrato un deterioramento minimo e una buona stabilità dei campioni dopo l’esposizione allo Spazio per una durata oltre sei mesi, senza deformazioni, perdite di massa, o cambiamenti di struttura fisica e composizione chimica, confermando che nemmeno le radiazioni solari e i raggi cosmici avevano avuto un impatto significativo sulla superficie e sulla struttura del legno. In particolare, i risultati sono stati eccellenti per quanto riguarda il legno della magnolia (Magnolia obovata, in giapponese “hōnoki”).