Un recente studio condotto da un team di ricercatori dell’Università di Kyoto, basato sull’analisi dei campioni prelevati dall’asteroide Ryugu grazie alla missione Hayabusa2 dell’Agenzia Spaziale Giapponese, ha rivelato la presenza di minerali salini. Questa scoperta fornisce nuovi indizi sui processi idrici avvenuti nel passato di Ryugu e di altri corpi celesti simili.
Ryugu appartiene alla categoria degli asteroidi di tipo C, considerati tra i più primitivi del Sistema Solare, ed è costituito da numerosi frammenti di un corpo genitore originale più grande. I campioni analizzati mostrano una stretta affinità con le condriti carbonacee del gruppo CI, ricche di sostanze organiche e minerali idratati. Gli scienziati hanno individuato la presenza di carbonati di sodio, cloruri e solfati, suggerendo che il corpo genitore di Ryugu contenesse acqua alcalina e ricca di sali.
L’importanza della scoperta risiede nel fatto che i sali di sodio potrebbero aiutare a confrontare l’evoluzione chimica dell’acqua su Ryugu con quella presente in altri mondi del Sistema Solare. Corpi come il pianeta nano Cerere o le lune di Giove e Saturno (Europa, Ganimede, Encelado) ospitano oceani sotterranei alcalini, potenzialmente abitabili. Lo studio dei minerali di Ryugu può quindi contribuire alla comprensione della chimica di questi ambienti e delle condizioni che potrebbero sostenere la vita.
I campioni di Ryugu sono stati analizzati utilizzando la microscopia elettronica a scansione, la tomografia computerizzata a raggi X e la diffrazione a raggi X basate entrambe sulla radiazione di sincrotrone.
Un’osservazione dettagliata ha evidenziato la presenza di vene ricche di sodio, probabilmente formatesi prima della frammentazione dell’asteroide. La loro posizione e morfologia suggeriscono che non si tratti di contaminazione terrestre, ma di caratteristiche originarie dell’asteroide.
La missione Hayabusa2 ha avuto un ruolo cruciale nel riportare sulla Terra materiali incontaminati di Ryugu, permettendo agli scienziati di studiare questi campioni nel loro stato originale. Le analisi proseguiranno per approfondire il ruolo dell’acqua nei processi chimici di Ryugu e, più in generale, nell’evoluzione dei corpi celesti del Sistema Solare.
Questa ricerca apre nuove prospettive sullo studio delle origini dell’acqua nel nostro sistema planetario e su come processi simili possano essersi verificati anche in altri ambienti extraterrestri, aumentando la nostra comprensione sulle condizioni che potrebbero favorire la vita nello spazio.