I sistemi di osservazione a scopo di difesa planetaria sono sempre attivi per scoprire nuovi oggetti celesti che potrebbero costituire una minaccia per il nostro Pianeta.
Ma come sapere se tutto funziona come dovrebbe, e quali sono i margini di miglioramento per la reattività dei sistemi di rilevamento e la precisione delle analisi delle traiettorie?
Per rispondere a queste domande, più di 100 astronomi e astronome da 18 paesi hanno partecipato a una “esercitazione” coordinata a livello internazionale che ha simulato la scoperta e la caratterizzazione di un oggetto potenzialmente pericoloso, e messo alla prova le nostre capacità di risposta, allo scopo di migliorare le possibilità effettive di proteggere il Pianeta da eventuali minacce spaziali.
A questo scopo, l’anno scorso un asteroide caratterizzato da un passaggio ravvicinato alla Terra è stato “nascosto” dal database di difesa planetaria per sperimentare quanto velocemente e quanto precisamente potesse essere ricavata nuovamente la sua traiettoria.
Secondo i risultati pubblicati in uno studio sul Planetary Science Journal il 31 maggio scorso, l’esercitazione, coordinata dall’International Asteroid Warning Network (IAWN) e dal Planetary Defense Coordination Office (PDCO) della NASA, ha dimostrato che la comunità internazionale di difesa planetaria può agire rapidamente per identificare e valutare la pericolosità di un oggetto celeste appena scoperto.
Protagonista di questa esercitazione è stato 99942 Apophis, un asteroide di circa 400 m di diametro, scoperto nel 2004, per il quale era stata calcolata una probabilità d’impatto con la Terra per il 13 aprile 2029 di quasi il 3%, il valore più alto mai ottenuto per un NEA.
Diciassette anni di osservazioni hanno poi successivamente escluso la possibilità di impatto almeno per il prossimo secolo, ma resta comunque un oggetto esemplare per valutare le capacità dei sistemi di difesa planetaria.
Per questa esercitazione, sono stati usati i dati riferiti all’ultimo passaggio ravvicinato di Apophis tra il dicembre 2020 e il marzo 2021, senza utilizzare nessuna delle informazioni ricavate da osservazioni precedenti.
L’asteroide è stato quindi “scoperto” il 4 dicembre 2020 dal progetto Catalina Sky Survey della NASA, e trattato come un nuovo oggetto dal Minor Planet Center, l’organizzazione statunitense che gestisce il database globale di asteroidi e comete.
Sono poi seguiti altri rilevamenti da parte del Asteroid Terrestrial-impact Last Alert System (ATLAS), con sede alle Hawaii e finanziato dalla NASA, e del Panoramic Survey Telescope and Rapid Response System (Pan-STARRS).
Alle osservazioni si è unito anche il telescopio spaziale a infrarossi NEOWISE, noto per aver identificato la cometa che è diventata visibile dalla Terra nel luglio-agosto 2020.
Durante l’avvicinamento dell’asteroide nel marzo 2021, gli astronomi del JPL hanno utilizzato la parabola di Goldstone della NASA, situata in California, in modalità radar per visualizzare e misurare con precisione la velocità e la distanza dell’asteroide.
Le osservazioni radar, combinate con quelle di altri osservatori, hanno permesso agli astronomi di perfezionare l’orbita di Apophis e di escludere un impatto nel 2029 ai fini dell’esercitazione (confermando, quindi, le stime precedenti).
“Assistere allo sforzo collettivo della comunità astronomica durante questo passaggio ravvicinato di Apophis è stato incredibile” ha dichiarato Michael Kelley, uno dei ricercatori di spicco del PDCO che ha fornito supporto e assistenza ai partecipanti all’esercitazione. “Perfino durante il periodo della pandemia, quando i nostri scienziati e scienziate erano costretti a lavorare a distanza e in remoto, siamo stati in grado di identificare, tracciare, e caratterizzare un oggetto potenzialmente pericoloso con grande efficienza. Questa esercitazione può essere certamente considerata un successo strepitoso.”