Meteore
e meteoriti

Note popolarmente come “stelle cadenti”, le meteore rappresentano il fenomeno astronomico più affascinante e conosciuto. Le loro scie luminose sono dovute a frammenti di comete e asteroidi che, entrando nell’atmosfera terrestre a velocità di decine di migliaia di km/h, si surriscaldano fino a vaporizzare. I frammenti residui che possono raggiungere il suolo si chiamano meteoriti e rivestono un’importanza fondamentale per lo studio della storia del Sistema Solare.

Nel mondo sono state realizzate a partire dagli anni ‘50 del secolo scorso reti osservative per il monitoraggio continuo del cielo notturno allo scopo di registrare eventi di meteore, studiare le loro origini e consentire il recupero di eventuali meteoriti.

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Nello specifico

Meteore, meteoriti e meteoroidi sono termini molto simili ma dal significato diverso e tutti legati al fenomeno noto popolarmente come stelle cadenti, ma non sono affatto stelle: nel dietro le quinte ci sono asteroidi e comete.
Cerere, il corpo celeste scoperto il 1° gennaio 1801 dall’astronomo italiano Giuseppe Piazzi, classificato prima come asteroide e dal 2006 pianeta nano, è solo il primo dei tantissimi oggetti che popolano la Fascia principale degli asteroidi, situata tra Marte e Giove. Da allora gli astronomi ne hanno scoperti oltre 700 mila, con dimensioni che vanno da parecchie centinaia di chilometri fino a pochi metri e ancora meno. Si tratta di corpi rocciosi che non si sono uniti a formare un pianeta, o che si sono frammentati a causa di uno scontro. Gli asteroidi a loro volta sono soggetti a collisioni scagliando nello spazio interplanetario i loro frammenti.

Le comete erano invece note fin dall’antichità e interpretate come segnali di buon auspicio o di sventura. Oggi sappiamo che si tratta di corpi celesti fatti di roccia, polveri e ghiaccio provenienti dalle zone più esterne del Sistema Solare. Quando una cometa si avvicina alla nostra Stella raggiunge temperature tali da sublimare e disgregarsi lentamente, sviluppando in genere una coda più o meno spettacolare e lasciando dietro a sé dei detriti.

Frammenti di comete e di asteroidi che vagano nello spazio interplanetario sono noti collettivamente come meteoroidi e quando entrano nell’atmosfera terrestre a velocità di decine di migliaia di km/h si surriscaldano e generano quelle scie luminose, note come stelle cadenti, che gli astronomi chiamano meteore.

Fu l’astronomo Giovanni Schiaparelli nel 1862 a dimostrare che proprio il passaggio della Terra in uno sciame di detriti cometari provocava il fenomeno delle meteore.

Ogni giorno una media di 100 tonnellate di meteoroidi entrano nella nostra atmosfera. Quelli di origine cometaria si consumano completamente a quote tra i 90 e i 120 km e danno origine agli sciami meteorici annuali, fra i più importanti e famosi dei quali troviamo le Perseidi (“lacrime di San Lorenzo”) visibili in agosto, le Leonidi in novembre e le Geminidi in dicembre.

I meteoroidi di origine asteroidale hanno una coesione e una dimensione maggiore di quelli provenienti da comete e quando entrano in atmosfera generano delle meteore brillanti anche quanto la Luna, i cosiddetti bolidi.

È possibile che meteoroidi con dimensioni da un pallone da calcio in su non si consumino completamente durante il viaggio in atmosfera e che uno o più frammenti arrivino al suolo. Tali frammenti residui prendono il nome di meteoriti.

Si stima che ogni giorno arrivi a terra almeno una meteorite. Essendo però la Terra composta per circa il 75 per cento da acqua e da molte aree desertiche, di fatto sono poche quelle a essere ritrovate.

Le meteoriti recuperate in tutto il mondo sono circa 64.000, ma sono solo 35 quelle a possedere osservazioni tali da cui è stato possibile estrapolare l’orbita attorno al Sole prima dell’ingresso in atmosfera terrestre, e quindi identificarne l’origine.

Poter recuperare e studiare le meteoriti è di importanza fondamentale perché sono dei veri e propri dei fossili spaziali: forniscono ai ricercatori informazioni indispensabili per comprendere come si è formato e si è evoluto il nostro Sistema Solare, e potrebbero forse svelare i segreti dell’origine della vita. La gran parte delle meteoriti è infatti costituita da materiale vecchio di oltre 4 miliardi di anni, rimasto praticamente inalterato fino ad oggi. Inoltre, il pronto recupero di meteoriti appena cadute è fondamentale perché consente di analizzare materiale cosmico che non è ancora stato contaminato dall’ambiente terrestre.
Nel mondo sono state realizzate a partire dagli anni ‘50 del secolo scorso reti osservative dedicate al rilevamento di meteore brillanti, tra esse l’European Fireball Network, il NASA All-sky Fireball Network, la rete francese Fireball Recovery and InterPlanetary Observation Network (FRIPON).

Il ruolo dell’INAF

Grazie al contributo di Fondazione CRT, dal 2016 in Italia opera la rete PRISMA (Prima Rete Italiana per la Sorveglianza sistematica di Meteore e Atmosfera). La rete, coordinata dall’INAF, attualmente consiste di circa 60 telecamere all-sky per l’osservazione del cielo, già operative e situate per la maggior parte nell’Italia Centro-Settentrionale, e di altre 10 in via di installazione o di acquisto. PRISMA fa parte della collaborazione internazionale iniziata dal progetto FRIPON.

Lo scopo scientifico principale di PRISMA è il monitoraggio di meteore brillanti per determinare l’orbita degli oggetti che le provocano, soprattutto asteroidi, e calcolare le aree di caduta di eventuali meteoriti. PRISMA ha già ottenuto un primo grande successo: il calcolo dell’area di caduta e il successivo recupero della meteorite sopravvissuta nei pressi di Cavezzo (MO) il 4 gennaio 2020 (subito ribattezzata Meteorite di Capodanno), a meno di tre giorni dalla caduta. Si tratta del primo caso in Italia e di uno degli appena 35 di sempre nel mondo.

Al progetto PRISMA partecipano ricercatori e scienziati, ma anche astrofili, studenti e semplici cittadini. Le scuole sono coinvolte con un programma didattico e con laboratori di astronomia per far partecipare gli studenti e i docenti alle attività di ricerca del progetto, fianco a fianco con i ricercatori.

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