Lo studio dei rifiuti spaziali arrivati sulla Terra sta aiutando gli scienziati a comprendere meglio il processo di rientro
Il numero di rifiuti spaziali che vengono ritrovati sulla superficie terrestre è in costante aumento, ma il loro studio può essere la chiave per progettare un sistema di rientro più distruttivo.
Ad esempio, gli esperti stanno lavorando a nuove proposte di design dei satelliti che permetterebbero una loro disintegrazione più completa nella fase di attraversamento dell’atmosfera. Una sorta di “design for demise” (design per la morte).
“Ci sono certamente alcune cose da non fare nel design for demise, come usare il titanio”, ha affermato Marlon Sorge, direttore esecutivo dell’organizzazione nonprofit Center for Orbital and Reentry Debris Studies (CORDS). “Negli anni abbiamo raccolto diversi serbatoi in titanio caduti dallo Spazio, ma che sembrano nuovi.”
Il primo passo consiste quindi nel non utilizzare materiali troppo resistenti, che potrebbero sopravvivere alle alte temperature che si sviluppano durante il rientro in atmosfera.
Sull’importanza di imparare dai rifiuti spaziali recuperati concorda anche T.S. Kelso, webmaster di CelesTrak, una risorsa online per facilitare la comprensione dell’ambiente orbitale e l’utilizzo dello Spazio esterno in modo sicuro e responsabile.
Raccogliere i frammenti di oggetti rientrati sulla Terra potrebbe aiutare i progettisti di satelliti a costruire razzi e veicoli spaziali “che presentino meno rischi per chi o cosa si trovi sulla superficie terrestre”, ha sottolineato Kelso.
A dare il suo parere sull’argomento si aggiunge anche Darren McKnight, ricercatore presso LeoLabs, l’azienda costruttrice di radar coinvolti nello studio e miglioramento della sicurezza spaziale nell’orbita terrestre bassa.
McKnight, infatti, sottolinea che è necessaria una maggiore consapevolezza del pubblico sul crescente problema dei rifiuti spaziali. “Ciò che sale alla fine scenderà, e quando lo farà costituirà un rischio di collisione elevato sia per l’aviazione che per gli abitanti della Terra”.
La rimozione attiva dei rifiuti spaziali (Active Debris Removal, ADR) nell’orbita terrestre è di vitale importanza, ha sottolineato McKnight, ma non è la soluzione per gli oggetti di dimensioni elevate. “L’ADR tramite rientro controllato è più costoso del rientro incontrollato, quindi è fondamentale sapere quando è necessario e quando non lo è”.
Anche Alexandre Looten, ricercatore dell’École Polytechnique Fédérale de Lausanne in Svizzera, sottolinea che sono molti i parametri da conoscere per comprendere appieno le condizioni che portano al ritrovamento dei rifiuti spaziali sulla Terra.
Tali parametri includono, tra i tanti, la massa iniziale dell’oggetto, la natura della sua protezione isolante, la sua velocità orbitale, l’angolo della traiettoria di rientro e la sequenza di frammentazione.
“Ciò che è chiaro da tutti gli oggetti recuperati finora e studiati è che l’involucro di plastica rinforzata con fibra di carbonio (CFRP) sopravvive inaspettatamente al rientro, mentre la matrice risulta quasi completamente pirolizzata”, ha detto Looten. La pirolisi si riferisce alla disgregazione di un materiale a causa del calore.
“Questo indica chiaramente che la maggior parte del calore rilasciato nella fase di rientro viene assorbito dalla matrice”.
Grazie ai numerosi studi sui processi di termoablazione della CFRP è stato possibile identificare le principali caratteristiche del materiale che influenzano tale processo, per poi sfruttarli nello studio di nuovi design for demise.
Nel frattempo, una lettera aperta dell’Outer Space Institute (OSI) ha invitato le principali agenzie spaziali a ridurre i rischi derivanti da rientri incontrollati di frammenti di razzi e altri oggetti spaziali.
“Il rientro incontrollato di oggetti spaziali presenta un rischio significativo e in rapida crescita per gli esseri umani di tutto il mondo”, afferma la lettera, inviata ai leader delle principali agenzie spaziali. “Chiediamo alle vostre agenzie, in collaborazione con i Ministeri degli Esteri delle vostre Nazioni, di avviare negoziati multilaterali per un accordo di rientro controllato”, si legge nella lettera.
Sebbene si concentri sui rischi derivanti dai rientri incontrollati degli stadi dei razzi, la lettera segnala che anche quelli riguardanti interi satelliti rappresentano una preoccupazione “e potrebbero eventualmente diventare dominanti se decine di migliaia di satelliti di dimensioni medio-grandi fossero messi in orbita”.
“Sperare semplicemente che i rientri incontrollati non causino danni è una strategia insostenibile. Grazie alla leadership, alla cooperazione e alla volontà globale, questi pericoli prevedibili e quindi inutili possono essere notevolmente ridotti”, conclude la lettera.