Riuscire a simulare gli effetti dell’impatto di un asteroide sulla superficie rocciosa non è certamente facile, ma in un nuovo studio su Nature Communications i ricercatori dell’Università di Jena in collaborazione con il Deutsches Elektronen-Synchrotron (DESY) di Amburgo sono riusciti a registrare in dettaglio ciò che accade ad alcuni materiali rocciosi durante l’impatto di un asteroide.
Il gruppo di ricerca ha effettuato la simulazione utilizzando una cella dinamica a incudine di diamante (dynamic Diamond Anvil Cell, dDAC), in grado di generare pressioni estreme in modo controllato.
All’interno della cella, gli scienziati hanno compresso rapidamente piccoli cristalli di quarzo, osservando le trasformazioni della loro struttura cristallina grazie ai raggi X della sorgente PETRA III del DESY.
L’osservazione ha rivelato uno stadio intermedio nel quarzo che risolve un mistero vecchio di decenni sulle caratteristiche dei materiali rinvenuti nei siti dove presumiamo siano avvenuti in passato degli impatti asteroidali, ossia la presenza di lamelle caratteristiche a livello microscopico all’interno dei cristalli di quarzo che possono essere individuate solo al microscopio elettronico.
Lo schianto di asteroidi sulla superficie terrestre è un evento catastrofico, ma nel corso dei milioni di anni l’erosione delle acque, l’azione degli agenti atmosferici, e i movimenti della tettonica a placche causano spesso la scomparsa del cratere da impatto.
Tuttavia, la violenza della collisione imprime dei segni indelebili all’interno dei materiali colpiti, che vengono utilizzati come indicatori d’impatto ma che, finora, nessuno sapeva come si formassero.
La tecnica utilizzata dal gruppo di ricerca consiste nel lasciare che il processo di compressione proceda abbastanza velocemente da replicare gli effetti tipici di un impatto asteroidale, ma anche abbastanza lentamente da poterlo osservare nel dettaglio con la luce a raggi X.
Gli esperimenti hanno quindi individuato una velocità ottimale che ha permesso di simulare l’impatto di un asteroide “al rallentatore”, seguendo passo passo il formarsi di queste minuscole lamelle all’interno dei cristalli di quarzo.
Esse si formano nel momento in cui il quarzo, sottoposto a una enorme pressione all’interno della cella, si trasforma in una fase di transizione metastabile, finora mai osservata.
Infine, quando la pressione si abbassa, le lamelle non ritornano alla struttura originaria, ma collassano in una struttura disordinata, che ritroviamo anche nei grani di quarzo provenienti da depositi dove è avvenuto un impatto.
Queste ricerche aprono anche la possibilità di ricavare informazioni sulla collisione in base alla quantità e all’orientamento delle lamelle, incrementando la nostra conoscenza sugli impatti di asteroidi che hanno caratterizzato la storia del nostro Pianeta.
Fonte originale:
Evidence for a rosiaite-structured high-pressure silica phase and its relation to lamellar amorphization in quartz (Nature Communications)