Il Sole è per noi l’astro più importante in quanto, grazie all’energia che ci fornisce da circa cinque miliardi di anni, è all’origine della vita stessa. Non stupisce dunque che l’umanità, sin dai suoi albori, ne abbia fatto una divinità e che, da quasi mezzo millennio – a partire dalle osservazioni di Galileo con il cannocchiale – la nostra Stella sia oggetto di osservazioni scientifiche via via sempre più raffinate che, tuttavia, non ne hanno ancora svelato tutti i segreti.
Consapevole dell’esigenza di ampliare lo scibile solare, Alberto Pellizzoni, astrofisico di INAF Osservatorio Astronomico di Cagliari, ha pensato di utilizzare due grandi radiotelescopi italiani – quello a Medicina (Bologna) di INAF Istituto di Radioastronomia e il Sardinia Radio Telescope di San Basilio (Cagliari) – per osservare il Sole, nonostante non fossero stati pensati per questo scopo.
Così è nato il progetto Sundish – letteralmente “piatto solare” – il cui nome richiama appunto la forma parabolica delle antenne radio astronomiche, chiamate in inglese “dish” (come i piatti da cucina) e in particolare la tecnica osservativa in solitaria, chiamata “single dish” e contrapposta a quella interferometrica, dove più radiotelescopi lavorano all’unisono.
Nel mondo ci sono circa una cinquantina di osservatori solari di cui una trentina ottici e una dozzina che osservano nelle onde radio. A questi si aggiungono poi 22 missioni satellitari che osservano un po’ in tutte le lunghezze d’onda.
Lo stato dell’arte delle pubblicazioni relative alle osservazioni del Sole nelle onde radio mostrano come queste siano piuttosto scarse. In particolare tra i 18 e i 26 Giga Hertz (GHz), in quella che in radioastronomia è chiamata “Banda K”, erano già state fatte alcune osservazioni ma con risultati che avevano molti margini di miglioramento sulla quantità e qualità dei dati e sulla calibrazione delle immagini.
La fattibilità del progetto Sundish non era tuttavia scontata. Inizialmente vi era tra gli addetti ai lavori la comprensibile preoccupazione che le strumentazioni (in particolare i ricevitori radioastronomici, sensibilissimi alle onde radio più deboli e rarefatte) avrebbero potuto risentire della potenza del segnale e del relativo calore.
Grazie a un meticoloso lavoro di ricerca e caratterizzazione, il team di Sundish è riuscito a definire e ottimizzare i requisiti di imaging solare effettuando osservazioni dedicate sin dal 2018.
Gli obiettivi del progetto Sundish sono piuttosto ambiziosi e richiedono osservazioni continue e cadenzate nel tempo (cosiddette “diacroniche”) volte a monitorare l’attività solare e le caratteristiche della sua atmosfera, in particolare della cromosfera, su tempi anche molto lunghi.
Ma non solo, infatti anche le misure fisiche del raggio e del diametro del Sole, per quanto assodate e conosciute, necessitano di essere ripetute nel tempo perché variazioni anche piccole possono verificarsi e devono essere registrate e spiegate.
Il ciclo undecennale del Sole, che è caratterizzato dall’alternarsi di aumenti e diminuzioni delle macchie e dell’attività solare, è certamente uno dei fenomeni più interessanti che il progetto Sundish si propone di monitorare con misurazioni di temperatura, luminosità, densità di flusso, proprietà spettrali, raggio solare e altri parametri utili a capire sia lo stato attuale del Sole che, soprattutto, a prevederne i comportamenti futuri in modo accurato.
Sundish intende proporsi come progetto di “open science” mettendo a disposizione le immagini solari nel sito web dedicato subito dopo ogni sessione di osservazione per facilitare il loro pieno sfruttamento da parte dell’ampia comunità scientifica dedicata alle scienze solari.