La missione HERA dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) per la difesa planetaria consta di due moduli, il Modulo Centrale e il Modulo di Propulsione, che, attraverso un’operazione scrupolosa, sono stati assemblati insieme per creare un unico veicolo spaziale, pronto per test su vasta scala.
L’assemblaggio ha avuto luogo presso l’OHB di Brema, in Germania, con il Modulo Centrale di Hera sollevato a più di 3 metri sopra il Modulo di Propulsione e poi inserito gradualmente nell’arco di tempo di tre ore in modo da assicurare un allineamento dell’uno rispetto all’altro entro un errore di pochi decimi di millimetro.
Hera è il contributo dell’Europa all’esperimento internazionale di Difesa Planetaria della missione DART della NASA che lo scorso anno ha impattato l’asteroide Dimorphos, con successo, allo scopo di modificarne l’orbita.
L’Italia è già partecipe della missione DART con il micro-satellite interamente made in Italy LICIAcube, realizzato negli stabilimenti di Argotec a Torino per conto di e in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana, con un team scientifico a guida dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF).
LICIAcube si è separato dalla sonda DART 10 giorni prima dell’impatto per poi effettuare, in navigazione autonoma, un fly-by del sistema asteroidale mantenendosi a circa 50 chilometri di distanza per testimoniare con le sue due telecamere a bordo (LEIA, Liciacube Explorer Imaging for Asteroid; e LUKE, Liciacube Unit Key Explorer) l’impatto e realizzare scienza autonoma durante il suo fly-by con Dimorphos.
Nei mesi precedenti al lancio, INAF ha coordinato con il Telescopio Nazionale Galileo una campagna di osservazioni spettroscopiche dell’asteroide Dydimos che copre tutta la rotazione dell’oggetto.
Hera tornerà da Dimorphos per eseguire un’indagine ravvicinata del cratere lasciato dall’impatto di DART. La missione misurerà anche la massa e la composizione di Dimorphos, insieme a quella del più grande asteroide Didymos attorno al quale Dimorphos orbita.
Per raggiungere l’appuntamento con Dimorphos Hera deve decollare nell’ottobre 2024. Quindi, per massimizzare l’orario di lavoro, la missione è stata costruita dall’appaltatore principale OHB come due moduli separati, su cui è possibile lavorare in parallelo.
Il modulo di propulsione di Hera incorpora i suoi serbatoi di propellente – alloggiati all’interno di un cilindro centrale di titanio, la “spina dorsale” della navicella spaziale – insieme a tubazioni e propulsori, che avranno il compito di trasportare la missione nello Spazio per più di due anni, quindi di manovrare intorno a Dimorphos e Didymos. Il Modulo Centrale di Hera può essere pensato come il cervello della missione: ospita il computer di bordo i sistemi e gli strumenti di missione.
Entrambi i moduli sono stati realizzati e assemblati presso l’OHB. Prima dell’assemblaggio, il Modulo di propulsione è stato portato all’azienda aerospaziale italiana Avio, a Colleferro vicino a Roma, per l’aggiunta del suo sistema di propulsione.
“Un processo simile a doppio modulo viene utilizzato spesso per le missioni di telecomunicazione, ma di solito si tratta di progetti standardizzati”, afferma Paolo Martino, ingegnere di sistema di Hera. “Questa è la prima volta che viene applicato a una missione nello Spazio profondo, su una base molto più ad hoc”.
“I due moduli ora stanno insieme per sempre, salvo grossi imprevisti”, spiega Paolo. “Se necessario, possiamo comunque accedere alle unità interne tramite i pannelli laterali. Successivamente aggiungeremo alcune unità di carico al ponte superiore della navicella che riceveremo direttamente dai produttori”.
Hera si prepara ora per una campagna di test ambientali su vasta scala per verificarne l’idoneità al volo al centro ESTEC nei Paesi Bassi.