Comete
e asteroidi
near earth
Gli asteroidi e le comete le cui orbite arrivano fino a una distanza dall’orbita terrestre inferiore a 45 milioni di km vengono classificati come NEO (Near Earth Object).
Il numero dei NEO è in costante aumento e oggi quelli identificati sono circa 35.000, di cui meno del 10% sono considerati potenzialmente pericolosi in un’eventuale collisione con la Terra.
Sono in corso vari progetti dedicati al monitoraggio continuo dei NEO, sia per aggiornare la loro posizione nello spazio sia per scoprirne di nuovi. Alcuni NEO sono di grande interesse scientifico in quanto possono essere esplorati direttamente con missioni spaziali oppure usati in esperimenti di deviazione di asteroidi.
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Nello specifico
L’acronimo NEO identifica gli oggetti in orbita attorno al Sole che potenzialmente potrebbero colpire la Terra. Sono costituiti prevalentemente da asteroidi, ma anche da comete e dai rispettivi frammenti (meteoroidi) che si sono formati a seguito di collisioni o per sublimazione nei passaggi ravvicinati al Sole. Il numero dei NEO è in costante aumento (circa 1000 all’anno) e oggi quelli identificati sono poco più di 35.000. A causa delle perturbazioni gravitazionali dei ben più grossi pianeti, i NEO sono caratterizzati da orbite caotiche, quasi imprevedibili su scale delle decine di anni. Per questo, sono in corso vari progetti dedicati al loro monitoraggio continuo.
Asteroidi e comete vengono catalogati globalmente come NEO quando passano a meno di 45 milioni di km dalla Terra. Per distinguere i due tipi di corpi celesti si parla più specificatamente di Near Earth Asteroid (NEA) per gli asteroidi e di Near Earth Comet (NEC) per le comete. Attualmente sono noti circa 27.000 NEA e un centinaio di NEC. I NEO sono quindi costituiti essenzialmente da asteroidi.
Se un NEO si avvicina a meno di 7,5 milioni di km di distanza e supera i 140 metri di diametro viene classificato come Potentially Hazardous Object (PHO) ossia un oggetto potenzialmente pericoloso. Attualmente sono noti circa 35.000 NEA e 2500 PHO.
Si ritiene che le comete abbiano causato alcuni dei più grandi eventi d’impatto nella storia della Terra: provenendo dalle regioni più esterne del Sistema Solare, si muovono a velocità più elevate dei NEA, fino a 70 km al secondo. In pratica è come se le comete “cadessero” sulla terra da altezze più elevate dei NEA, quindi con un’energia di impatto maggiore. Probabilmente non è un caso se le tradizioni e le leggende di molti popoli abbiano da sempre associato le comete a cattivi presagi. L’uomo potrebbe dunque aver avuto esperienze molto traumatiche con le comete in tempi nemmeno troppo lontani.
Oggi si ritiene di aver scoperto il 95% dei NEO con diametro maggiore di 1 km, il cui numero ammonta a quasi 900 esemplari. Si stima che i NEO con diametro maggiore di 50 metri siano diversi milioni. Un diametro di 50 metri può sembrare insignificante, ma si calcola sia lo stesso dell’asteroide che il 30 giugno 1908 ha provocato il celebre evento di Tunguska, in Siberia, con la distruzione di 2150 kmq di taiga siberiana e il rilascio di una energia circa 800 volte superiore a quella della bomba atomica di Hiroshima.
La data del 30 giugno è stata scelta come giornata internazionale dell’Asteroid Day, istituita ufficialmente dalle Nazioni Unite nel 2015 per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza delle ricerche scientifiche su questi oggetti e per promuovere la consapevolezza del rischio d’impatto da parte dei NEA.
Negli ultimi anni la Terra ha subito centinaia di passaggi ravvicinati di piccoli NEA e si sono verificati anche alcuni eventi di impatto degni di nota. Il primo è la caduta dell’asteroide 2008 TC3 avvenuta il 7 ottobre 2008. In questo caso un piccolo corpo roccioso di circa 5 metri di diametro si è disintegrato durante l’ingresso in atmosfera, senza fare danni, nel cielo del Sudan. Si è trattato della prima collisione di un asteroide con la Terra prevista con circa un giorno di anticipo. L’altro evento notevole è stato quello di Chelyabinsk del 15 febbraio 2013, quando un piccolo asteroide di circa 20 metri di diametro è entrato in atmosfera ed è esploso a circa 30 km di quota. L’onda d’urto generata ha provocato circa 1500 feriti, principalmente per la rottura dei vetri delle finestre.
Storicamente la ricerca sui NEO può essere fatta risalire al secondo dopoguerra con l’istituzione nel 1947 del Minor Planet Center (MPC) da parte dell’Unione Astronomica Internazionale (IAU). Ad oggi, finanziato dal Near Earth Object Observation Program (NEOO) della NASA, l’MPC rappresenta lo snodo di riferimento a cui vengono conferiti i dati di tutte le nuove scoperte di NEO da parte dei ricercatori di tutto il mondo. Negli anni ‘90 fu possibile un grande salto tecnologico con il programma Lincoln Near Earth Asteroid Research (LINEAR) del Massachusetts Institute of Technology (MIT) che sfruttava i nuovi sensori digitali CCD che di lì a poco avrebbero rivoluzionato il mondo della fotografia sostituendo le pellicole agli alogenuri d’argento con i pixel che oggi tutti conosciamo.
Nel mondo, attualmente sono in corso vari progetti dedicati al monitoraggio continuo dei NEO sia per aggiornare la loro posizione nello spazio sia per scoprirne di nuovi. I più importanti, oltre al progetto LINEAR che è ancora in corso, sono la Catalina Sky Survey (CSS) e il PANoramic Survey Telescope And Rapid Response System (PAN-Starrs Neo). La NASA resta il riferimento principale a livello mondiale per i progetti di survey dei NEO attraverso l’attività del Center of NEO Studies (CNEOS) nella cui pagina web è disponibile anche una breve storia del loro programma di osservazioni.
L’Italia riveste un ruolo molto importante nell’ambito di ricerca sui NEO. Si trova infatti a Frascati, vicino a Roma, la sede dello European Space Research Institute (ESRIN) all’interno del quale opera il Near Earth Object Coordination Centre (NEOOC) ovvero il centro di coordinamento sui NEO dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e, in particolare, del suo ufficio di difesa planetaria il Planetary Defence Office (PDO). Numerose sono anche le imprese pubblico/private italiane che lavorano sullo sviluppo sia di software e sistemi di rilevamento terrestre (principalmente radar) sia di sistemi propulsivi e tecnologie spaziali come, ad esempio, Thales Alenia Spazio Italia, Telespazio, Vitrociset, GM_Spazio, SpaceDys, Avio per citarne alcune.
Il ruolo dell’INAF
INAF lavora fin dalla sua fondazione, nel 1999, alla ricerca sui NEO sia in campo ottico che radar. Numerosi sono stati i progetti finanziati in passato e quelli presenti condotti dall’INAF sia come capofila che come partner, sia con soggetti pubblici che in partnership con l’industria.
Tra essi da menzionare CINEOS (Campo Imperatore Near Earth Objects Survey) un progetto attivo tra il 2001 e 2005 presso INAF Stazione Osservativa di Campo Imperatore e dedicato alla scoperta e follow-up di NEO, allo scopo di scoprire nuovi oggetti e migliorare la determinazione dell’orbita di quelli noti. Nei suoi 4 anni di attività, sono stati scoperti 7 NEA, una cometa e oltre 30.000 nuovi asteroidi della Fascia Principale. Ha inoltre contribuito alla riscoperta e/o miglioramento dell’orbita di oltre 20.000 altri asteroidi già presenti nel database del Minor Planet Center.
INAF coordina il team scientifico italiano di LICIACube (Light Italian Cubesat for Imaging of Asteroids) dell’Agenzia Spaziale Italiana, la missione interamente italiana (la sonda è stata realizzata da Argotec a Torino) selezionata dalla NASA per partecipare alla missione DART (Double Asteroid Redirection Test), il cui obiettivo è verificare la possibilità di modificare la traiettoria di un asteroide potenzialmente pericoloso per la Terra tramite un impatto controllato, a scopo di difesa planetaria.
La gestione delle operazioni in volo della sonda LICIACube si basa sull’attività congiunta dell’Argotec Mission Control Center, delle antenne del NASA Deep Space Network e dell’ASI Space Science Data Center.
Il team scientifico, a guida INAF, si occupa del disegno di traiettoria della missione, della definizione della missione e della determinazione in tempo reale dell’orbita durante le operazioni, delle simulazioni dell’impatto e della formazione della nube di detriti; in fase operativa e nel periodo successivo, si occuperà dello studio delle proprietà fisiche del sistema di asteroidi Didymos/Dimorphos, obiettivo della missione, a partire dalle immagini ottenute in-situ.
Un altro progetto da menzionare è NEOROCKS a guida INAF che vede come partner l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e una serie di partner accademici e privati. Iniziato nel 2020, NEOROCKS terminerà nel 2023 dopo aver condotto studi mirati alla comprensione delle caratteristiche di tipo fisico e dinamico dei NEO tramite osservazioni e relativa modellazione.
Con il telescopio G.D. Cassini a Loiano (BO), INAF compie osservazioni ottiche astrometriche di conferma e follow-up dei nuovi NEO appena scoperti per ottenere i dati necessari alla determinazione dell’orbita eliocentrica. A partire da luglio 2021, il telescopio Cassini sarà impiegato nel progetto Photometric and Astrometric Characterization of Deep-space Debris and Near-Earth Asteroids.
Nell’ambito del progetto Campo Imperatore Transients Observer (CITO), attualmente attivo presso la Stazione Osservativa di Campo Imperatore, è allo studio la possibilità di riattivare in futuro il progetto CINEOS, forte delle recenti migliorie tecnologiche implementate a entrambi i telescopi (quale, ad esempio, una completa remotizzazione dei sistemi). Tale progetto si propone di contribuire sia alla scoperta e follow-up di NEO sia alla caratterizzazione fisica e dinamica degli oggetti più brillanti, nelle lunghezze d’onda del visibile e del vicino infrarosso.
Le osservazioni radar dei NEO che transitano in prossimità della Terra consentono di determinarne in modo estremamente accurato diverse proprietà fisiche e dinamiche, quali: distanza, velocità, periodo di rotazione, presenza di componenti metallici in superficie. Permettono inoltre di ottenere immagini bidimensionali e tridimensionali ad alta risoluzione. Queste osservazioni si basano sull’invio di onde radio per “illuminare” i NEO e sulla successiva analisi degli segnali radio da loro riflessi. Dall’inizio degli anni 2000, INAF ha in più occasioni partecipato a osservazioni radar di NEO, utilizzando come elementi riceventi le parabole della Stazione Radioastronomica di Medicina e di Noto e – più recentemente – il Sardinia Radio Telescope (SRT).
INAF attualmente collabora con il centro ESA SSA-NEO all’ESRIN/Frascati e con il Minor Planet Center, nel quadro di campagne di tracking planetario di NEO. È inoltre coinvolto nel progetto pilota P3-NEO-XXII NEO Observation Concepts for Radar Systems finanziato dall’ESA, volto a valutare la fattibilità di osservazioni radar di NEO mediante l’utilizzo di strumenti europei.
Numerose sono, inoltre, le collaborazioni di ricercatori e ricercatrici INAF in progetti osservativi. Tra essi è da menzionare l’articolo pubblicato su Nature in cui Maurizio Pajola, dell’INAF di Padova, ha contribuito al calcolo dell’età dell’asteroide Bennu in base ai crateri individuati sulla sua superficie dalla sonda Osiris-Rex.
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